Era da un po' di tempo che non scrivevo nulla in merito ai vari volti delle divinità femminili. Questa mattina mi sono svegliata con un po' di idee in testa, chiedendomi come mai si parli così poco in merito alla mitologia africana.
Africa: la culla dell'umanità, il luogo in cui si dice fosse ubicato il Giardino dell'Eden, un patrimonio storico e culturale immensi! Eppure, di questo meraviglioso angolo di mondo, si parla solamente quando accade qualcosa di terribile, o quando si decide di eleggerlo come meta delle nostre vacanze.
Parto allora con una piccola - e certamente non esaustiva - ricerca su colei che corrisponde alla nostra Dea Madre per gli Zulu (ma anche per molte altre popolazioni africane): Nomkhubulwane.
Un dipinto di Trevor Makhoba raffigurante Nomkhubulwane |
Il suo nome significa "Colei che sceglie la forma animale", per via della capacità di trasformarsi in qualsiasi animale desideri.
In cosmologia Nguni, la Dea è figlia del Creatore Mvelinqangi. Viene chiamata "Inkosikazi yezulu", ovvero "Regina del Cielo". Figlia del Re e la Regina del cielo, è la protettrice di tutte le fanciulle africane che attraversano il periodo della pubertà ed ha a cuore la fertilità delle donne, degli animali e della terra.
Il suo culto, con l'introduzione del cristianesimo, è andato scemando: Nomkhubulwane rappresenta una figura scomoda e mal vista dalle religioni di stampo patriarcale. Curiosamente, rimane invece in vita il culto del divino maschile: Unkulunkulu. Viene spesso rappresentata come una donna nuda con la lancia in una mano ed un membro maschile nell'altra (è infatti ritenuta la responsabile dell'erezione), a volte la troviamo affiancata ad un ghepardo.
Le celebrazioni in suo onore coincidono con l'Equinozio di Primavera che, nell'emisfero meridionale, avviene nel mese di settembre, momento che segna anche l'inizio di un nuovo anno. E Nomkhubulwane è proprio la Dea della fertilità, dell'agricoltura e della pioggia vista quale nutrimento principale per la terra.
Un'antica pratica rituale Zulu vede, durante la stagione dell'aratura, la creazione dell' insimu kaNomkhubulwane (campo di Nomkhubulwane). E' un campo speciale che viene arato da tutta la comunità, prima ancora di iniziare qualsiasi altro lavoro agricolo, e solo gruppi di ragazze ancora vergini possono entrare per prendersene cura. Tuttavia a nessuno è permesso coglierne i frutti, in quanto offerta alla Dea stessa.
Questa pratica ancora sopravvive nello Zululand: il campo viene curato espressamente da fanciulle ancora vergine ed i suoi frutti sono ad uso e consumo della Dea, oltre che degli animali selvatici. Quanto ne resterà continuerà il proprio ciclo di vita e morte, concimando il campo e rendendolo quindi pronto per l'aratura della stagione successiva.
Occorre ricordare che Nomkhubulwane è anche colei che ha insegnato agli uomini come prendersi cura della terra e preparare i cibi; per questo le comunità si appellavano a lei nei tempi di carestia.
Simbolo di una cultura matriarcale imponente ed orgogliosa, è indicata come colei che ha insegnato alle donne africane come sviluppare ed utilizzare l'energia femminile. Come accade in culture di questo tipo, Nomkhubulwane tramanda la moralità ed ha uno stretto rapporto con la luna, tanto da esser la fautrice dei suoi spostamenti nel cielo.
Una caratteristica che la rende terribile tanto quanto alcune sue controparti maschili è il metro di giudizio da lei utilizzati per premiare o meno gli uomini. Ad essi distribuisce fortuna o sfortuna in base alle azioni compiute dai loro padri!
Essa è conosciuta anche come Dea dell'arcobaleno. Narra una storia Zulu che gli uomini pregassero Mvelinqangi (il Creatore di tutte le cose) per avere la pioggia. Questi, allora, li accontentò inviando loro Nomkhubulwane: la pioggia, incontrandosi con il sole, diede vita al primo arcobaleno.
Wow! Che storia interessante ha questa dea! Grazie per avercene parlato!
RispondiEliminaL'africa è proprio la terra giusta per divinità femminili di questo genere. Una terra intensa.
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