domenica 29 settembre 2024

Alcuni versi di Wislawa Szymborska

Ho un vero e proprio debole per le donne con le palle. Quelle che sanno fare cose e le sanno pure fare bene. 

Di Wislawa Szymborska non si sente parlare molto, eppure ha vinto pure un Nobel per la letteratura nel 1996 ed è considerata tra le più illustri voci femminili della poesia polacca. 

Riservandomi di parlare di lei in un futuro non troppo lontano (spoiler: sto preparando un articolo sulle poetesse pistoiesi e rischia di essere un lavoro monumentale), oggi colgo l'occasione per introdurla sul blog attraverso le due poesie che me l'hanno fatta conoscere. 

Foto di Joanna Helander

 Lode della cattiva considerazione di sè

La poiana non ha nulla da rimproverarsi.
Gli scrupoli sono estranei alla pantera nera.
I piranha non dubitano della bontà delle proprie azioni.
Il serpente a sonagli si accetta senza riserve.
Uno sciacallo autocritico non esiste.
La locusta, l’alligatore, la trichina e il tafano
vivono come vivono e ne sono contenti.
Il cuore dell’orca pesa cento chili
ma sotto un altro aspetto è leggero.
Non c’è nulla di più animale
della coscienza pulita
sul terzo pianeta del Sole.

Foto di Joanna Helander

Utopia

Isola dove tutto si chiarisce.
Qui ci si può fondare su prove.
L’unica strada è quella d’accesso.
Gli arbusti fin si piegano sotto le risposte.
Qui cresce l’albero della Giusta Ipotesi
con rami districati da sempre.
Di abbagliante linearità è l’albero del Senno
presso la fonte detta Ah Dunque E’ Così.
Più ti addentri nel bosco, più si allarga
la valle dell’Evidenza.
Se sorge un dubbio, il vento lo disperde.
L’eco prende la parola senza che la si desti
e chiarisce volenterosa i misteri dei mondi.
A destra una grotta in cui giace il Senso.
A sinistra il lago della Profonda Convinzione.
Dal fondo si stacca la verità e lieve viene a galla.
Domina sulla valle la Certezza Incrollabile.
Dalla sua cima si spazia sull’Essenza delle Cose.
Malgrado le sue attrattive l’isola è deserta,
e le tenui orme visibili sulle rive
sono tutte dirette verso il mare.
Come se da qui si andasse soltanto via,
immergendosi irrevocabilmente nell’abisso.
Nella vita inconcepibile.

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