giovedì 27 gennaio 2022

La maestra ci faceva cantare, ma io non riuscivo perchè non capivo le parole

Gam Ki Elekh
Beghe Tzalmavet
Lo Ira Ra
Ki Atta Immadì 

Šivtekhà umišantekhà
Hema yenahmuni 
(Salmo 23)

(Anche se andassi nella valle oscura non temerei alcun male, perché Tu sei sempre con me, perché Tu sei il mio bastone, il mio supporto, con Te io mi sento tranquillo.)

E' nel film Jonah che visse nella balena di Roberto Faenza - tratto dal romanzo di Jonah Oberski Anni d'infanzia - che probabilmente abbiamo sentito per la prima volta questa canzone: la maestra la insegna ai bambini rinchiusi nel lager. Sono versi presi dal Salmo numero 23 della Bibbia e, pur parlando di speranza, non possiamo leggerli o ascoltarli senza che ci si spezzi il cuore. 

Il 27 gennaio del 1945 il campo di concentramento di Auschwitz venne liberato dalle truppe sovietiche mettendo in luce l'orrore perpetrato da questa folle macchina di distruzione. Lungi da me raccontare una storia che conosciamo tutti molto bene e in merito alla quale centinaia di libri, siti, film e documenti sono stati realizzati; parlerò quindi di quel che mi tocca più da vicino.

Dello sterminio perpetrato nei confronti di ebrei, zingari e scomodi sostenitori di un partito differente, da che ne ho il ricordo, me ne han sempre parlato sin dalle scuole elementari. Mio padre cercava di evitarmi la visione di documentari con immagini forti, dicendomi che sarebbe giunto il giorno in cui avrei capito meglio quanto era accaduto in quegli anni terribili, eppure io ero maledettamente curiosa: da una parte volevo tentare di capire, dall'altra mi dicevo che comprendere una simile barbarie non mi sarebbe stato possibile nemmeno da adulta. Tanto che sono ancora qui che ci penso e non ne esco. Già il fatto di doversi accanire contro una singola razza, religione o gruppo di persone è di per sé follia che non può essere né accettata né compresa, ma il senso di mandare tutti in questi "campi di lavoro" per costruire nuovi lager e giocare a chi muore e chi sopravvive, quale sarebbe? E soprattutto come è stato possibile permetterlo e tenerlo nascosto per anni?
Le risposte potrebbero essere date con trattati di psicologia e saggi storico-politici, ma a me non bastano. Anzi, continuano a terrorizzarmi. 

Anni fa il mio ragazzo conobbe un signore, un commerciante che all'interno del suo esercizio teneva in bella mostra un magnifico vecchio violino. Un giorno, parlando con questo signore, gli disse che - quale appassionato di musica - gli sarebbe piaciuto ascoltarlo suonare. Questi, cambiando improvvisamente espressione, rispose: "Sono stato prigioniero in un campo di concentramento. I miei occhi hanno visto orrori inimmaginabili... Da allora non ho mai più suonato: il mondo non merita di ascoltare una musica così bella." 

A differenza di tutti gli altri miei post, a questo non ho volutamente associato alcuna immagine. Fa già abbastanza male così.

domenica 23 gennaio 2022

Storia d'un abitino di bambola

Non so voi ma a me questo gennaio ha messo addosso un sonno e una stanchezza pazzeschi. La sola cosa che vorrei fare in questi giorni sarebbe dormire, dormire e magari anche...  Uhm, l'ho detto "dormire"? Ma poichè non è possibile visto che s'ha da portare a casa la pagnotta, faccio sforzi sovrumani per tenere gli occhi ben aperti e non cadere tra le braccia di Morfeo. Anche perchè poi il moroso si ingelosisce di tutta sta confidenza con zio Morfy.

Ultimamente sto trovando un sacco di cose bellissime online provenienti da vecchie riviste e libri se possibile ancor più vecchietti, e proprio ieri sono incappata in un tenerissimo inedito scritto da Ada Negri e apparsa su "Il corriere dei piccoli" del 27 dicembre 1908. Si intitola "Storia d'un abitino di bambola" e mi ha colpita moltissimo.

Cari bambini dovete sapere che io ho una figlietta. Questa figlietta è molto bruna d'occhi, di capelli e di carnagione, eppure - vedete i capricci dei nomi!... - si chiama Bianca. È molto alta e forte pei suoi dieci anni; ma gioca ancora - e assai volentieri! - alla bambola. Ne ha una tribù: bionde, castane, vestite di rosso, d'azzurro, di bianco, alte, piccine, in costume di zingara, di montanina, di ciociara. E le veste e le sveste e fa loro recitare certe commediole che inventa lei, dove hanno parti d'importanza straordinaria, re e regine, dame e cavalieri, paggi e mendicanti. Ora avvenne che, essendo noi andate ai bagni di mare, la scorsa estate, nel baule di Bianca non fu messa che una sola delle sue bambole: bellina, bionda, con un sorriso immobile e pieno di meraviglia: ma... in camicia! Quando si dice la fortuna...! Bianca ha una mamma che non è punto nata, lei, per far vestitini alle bambole, ma nello stesso albergo era giunta, proprio quand'erano giunte loro, una signora molto bella e molto buona (non pare un racconto di fate?) che volle preparare alla Bianca una gentile sorpresa. 

Chi dava alla dama dal classico viso un po' stanco tanta tenerezza pei fanciulli, un sorriso così dolce e così penetrante quando parlava con essi, e un desiderio così materno di lavorare per la loro gioia?...

Certo la vita, che per molti è aspra, difficile e piena di segrete tristezze, di lagrime nascoste, aveva insegnato a quella nobile anima che nulla è più sereno, più riposante dell'infanzia, nulla è più degno di simpatia del cuore di un bambino. 

Così essa amava anche le bambole, e le vestiva come figurini di Parigi - e così si compiacque di vestire la bambola della mia Bianca, se sapeste, bambini!... - con un leggerissimo abitino stile Impero, di batista e trine bianche, fermato alla spalla da nodi di nastro rosa; e le mise in capo un gioiello di cuffia rosa, dopo averla pettinata alla moda, con due choux rosa ai lati della fronte, fra i riccioli d'oro.

Poi mi chiamò da parte, e mi disse colla sua voce piana: - Non dia subito la bambolina alla Bianca; gliela metta sul guanciale quando sarà addormentata; così lei, svegliandosi, crederà all'opera di una data...

Ma fu allora che accadde proprio l'incantesimo. Fra la signora sorridente e me commossa, la bambola, bellissima nel vaporoso abitino Impero, improvvisamente parlò. 

Parlò?... Sì, parlò. Parla il telegrafo senza fili attraverso l'oceano; possono ben parlare le bambole. E la piccola bionda disse, rivolgendosi alla signora, parole d'ingenua dolcezza, con la voce senza timbro che non si ode che nei sogni; e noi, stupite, ascoltammo la musica stranamente soave che pareva venisse da un mondo ignoto. 

Ed io, la sera, trascrissi per voi, cari bambini, ciò che disse la bambola, mentre essa riposava sul guanciale accanto alla mia Banca addormentata, e dal terrazzo aperto veniva il respiro del mare, che culla così bene i sonni dei piccoli... e dei grandi. 

PARLA LA BAMBOLA 

Contessa, poi che in Vostra cortesia con mussola e con trina 

vestir voleste la miseria mia di bambola piccina,

per dirvi - grazie - io diverrò d'incanto quella che, fina e bionda,

con Voi prima divise il riso e il pianto de l'infanzia gioconda:

diverrò pei Vostri occhi, a l'improvviso, la bambola d'allora.

Rivivrete quel tempo e quel sorriso, oh, non fosse che un'ora:

i canti, i giochi, i bei capelli sciolti a onde su le spalle,

le pazze corse tra i querceti folli ad inseguir farfalle:

i frutti morsi, i fiori colti, i cieli puri dei puri giorni:

l'innocente bellezza in cui ti veli, tempo che non ritorni:

l'ombra del sogno che V'arrise allora e così dolce fu...

Io non son che una bambola, Signora... 

... non posso fare di più.


Ebbene, io nella figura della buona signora ci ho rivisto un richiamo ad una spiritualità profondamente legata al divino femminile - ed Ada Negri, in effetti, era molto devota alla figura della Madonna, tanto da essere solita regalare rosari alle persone a lei care. Non solo: vi è anche un secondo richiamo, più forte ancora, ed è quello che ci ricorda di continuare a nutrire, amare e sostenere la nostra bambina interiore. Lo leggiamo nelle parole della bambola che, dopo aver ricevuto un nuovo vestito (simbolo dell'inizio di una nuova vita) fatto apposta per lei, ringrazia la contessa ricordandole le meraviglie dell'infanzia. E' vero che non potrà riportarla indietro nel tempo facendola fisicamente ringiovanire, tuttavia il dono che le fa è altrettanto potente: farle rivivere, anche se solo per un poco, le emozioni, i sapori e i profumi della fanciullezza. 

Voi preferireste tornare indietro nel tempo e ringiovanire oppure tenervi stretta la vostra età ma vivere ogni giorno con la meraviglia, l'innocenza e la gioia dei bambini? Io ci tengo alla mia pellaccia e a far sparire rughe e capelli bianchi, ma ammetto che la seconda opzione mi alletti molto di più. 

venerdì 21 gennaio 2022

Fred in the Land of Magic, di C. Marshall - episodio n.1

Come annunciato in precedenza, a partire da oggi pubblicherò sul mio blog alcune perle di narrativa e di saggezza estrapolate da vecchie riviste dimenticate e ripescate in varie biblioteche online. Ho pensato fosse giusto dare la precedenza a "Fred in the land of magic", storia a puntate scritta da C. Marshall e apparsa su "The Australian Women Weekly" tra il 1933 ed il 1935. Ho setacciato a lungo il web e non mi risulta ne sia mai stata fatta una traduzione in italiano. 

Non sono cera che questa sia la primissima puntata dal momento che online non ho trovato traccia di episodi precedenti, pertanto se qualcuno avesse notizie più precise me lo scriva pure nei commenti!

Per il resto spero tanto che le avventure di Fred e Tony vi facciano divertire e che possiate apprezzare questa mia traduzione, amatoriale ma fatta con il cuore.

* * *

Era ormai scesa la notte. Due solitarie figure, uno sfinito ragazzino di dieci anni ed un cagnolino, osservavano attentamente la boscaglia alla ricerca di un punto di riferimento familiare e che li aiutasse a ritrovare la strada di casa.

Si erano persi. Scure nubi si raccoglievano in cielo mentre il rombo dei tuoni lacerava l'aria. Il ragazzino si chinò e prese tra le braccia il cucciolo, continuando a guardarsi attorno. Improvvisamente emise un gridolino di gioia: corse attraverso uno stretto sentiero che fino a quel momento non aveva notato e scorse una casa in lontananza. Oh, quanto era felice! Abbracciò forte il cane e gli disse: "Bene, Tony, sono sicuro che le persone che vivono in quella casa non potranno fare a meno di adorarti. Potrebbero anche darti un osso... Arriveremo là in un momento!"

Raggiunse con entusiasmo quella casa dopo aver oltrepassato una recinzione di filo spinato e, trovatosi sulla soglia, suonò il campanello.

Tutto era profondamente buio e malinconico. Il trillo del campanello risuonò come un eco nel bosco spaventando il ragazzino che strinse ancor più a sé il suo fedele compagno.

“Oh, ma perchè non arrivano? Devono essersi già tutti addormentati.” sospirò “Forse vanno a letto molto presto. In ogni caso questo dovrebbe svegliarli!” E suonò il campanello con più forza.

Che cos'era stato quel rumore? Solo il rombo di un tuono, pensò il ragazzino, e tentò di convincersi d'essere un uomo e di non aver paura dei temporali. Seguì allora un lampo di luce che illuminò un vecchio cartello appeso alla porta; a chiare lettere, di fronte ai terrorizzati occhi di Fred, spiccava la dicitura "Affittasi".

Singhiozzando, il ragazzo si sedette sulla soglia ed intrecciò attorno alla testolina del cucciolo le mani intirizzite dal freddo.

Ora la pioggia cadeva torrenziale e il vento freddo pareva deliziarsi nel torturare il ragazzino soffiandogli addosso. Fred si ranicchiò tentando di coprirsi i piedi nudi nel disperato tentativo di riscaldarsi e stava per assopirsi quando venne risvegliato dal rumore di un aeroplano. Più questo cresceva di intensità, più Tony ringhiava ed abbaiava.  Il rumore cessò quando l'aereo si fermò davanti alla porta, proprio vicino al ragazzo. Non poteva essere lungo più di un metro ed era di colore argento luccicante! Fred rimase a fissare meravigliato quella favolosa visione. E, mentre osservava, due gocce di pioggia caddero sull'aereo trasformandosi all'istante in bellissimi e scintillanti diamanti. La portiera dell'aereo si aprì e ne sbucò fuori un ometto dalla barba rossa. Questi si sfregò le mani paffute e disse: “Accidenti, povero ragazzo disperso, ti ho cercato ovunque! Mi è stato detto dalla Fata Zucchero Filato che sei stato visto vagabondare sotto la Nuvola Bianca Schiuma alle quattro di questo pomeriggio. Ma quella tremenda Nuvola Ringhio Nero l'ha spaventata facendola scappare via perciò mi è stato abbastanza difficile tracciare i tuoi movimenti da quel momento in poi. Ho chiesto aiuto a Sparky che mi ha illuminato la strada per giungere fin qui. Perciò devi essere molto riconoscente a Sparky.”

“Chi è Sparky? Lo vorrei ringraziare moltissimo” chiese il ragazzino trepidante.

“Ah ah ah! Certo, non conosci i nomi di tutto ciò che si trova a Magic Land! Ma imparerai presto. Oh, Sparky è uno dei migliori – senza di lui non potremmo fare nulla nelle notti di pioggia. I suoi lampi sono una benedizione per tutti noi nel Paese della Magia. Comunque, come ti chiami?”

“Fred” disse il ragazzo. Si stringeva nel proprio cappotto tremando dal freddo. “E' tutto a posto?Perchè, insomma, accidenti, mi sembri infreddolito. Hai bisogno di un cappotto bello caldo". Entrò velocemente all'interno del velivolo e ritornò recando con sé un piccolo cappotto lungo circa 25 cm. Fred era amareggiato. Come avrebbe potuto indossarlo? E faceva così freddo!

“E' un peccato che sia così piccolo!”, sospirò.

“Oh, non preoccuparti per simili sciocchezze” disse l'ometto. Toccò il ragazzino e questi iniziò a diventare sempre più piccolo.

“Presto, presto” gridò Fred, “devi rimpicciolire anche Tony altrimenti mi schiaccerà!”

“Che distratto che sono” sospirò l'ometto. “Non mi ero accorto del tuo cagnolino”. Toccò quindi anche Tony che immediatamente iniziò a restringersi.

L'ometto guardò allora il suo orologio e disse: “Accidenti, sono  quasi le otto e ci sono ancora altri quattro bambini dispersi che devo ritrovare! Devo mettermi in viaggio. Ma prima che io vada ti regalo un paio di scarpe magiche che ti porteranno ovunque.” e detto questo sparì per qualche istante dalla vista del ragazzo, rientrando in aereo. 

Quando l'ometto uscì, Fred come prima cosa vide un bellissimo paio di scarpe d'argento scintillanti. 

(Dove andrà Fred con le sue nuove scarpe? Lo scopriremo la prossima settimana.)

giovedì 20 gennaio 2022

Le donne che finirono sui roghi...

Le donne che finirono sui roghi, fossero esse guaritrici  o no, vivevano ancora in un loro mondo in cui il pensiero sciamanico della metamorfosi, e quello potente della trasformazione, connotava il rapporto che esse avevano con la Natura circostante, con le piante e con gli animali. Antiche formule, danze, movenze simulanti questo o quell'animale, venivano tramandate da una generazione all'altra, di madre in figlia, insieme alle credenze, alle superstizioni, ai miti, alle fiabe, a un universo di realtà e di sogno, che sarebbe finito in cenere. La Natura, in cui esse agivano e vivevano, pulsava di significati, di simboli, di vicende, di emblemi. Era creatrice del mondo dello spirito e quindi del respiro, del fiato e dell'alito - divino - della voce, della parola, del logos. La voce declamava misticamente la formula magica che accompagnava i riti. La stessa Natura era creatrice delle voci che percorrono  prati e foreste e mare, voce del vento e voci di animali, richiami d'amore o di avvertimento, universo unitario di creature delle lande e di foreste e della profondità del cielo. Il volo circolare del falco, che stride alto nel cielo sopra gli alberi, racchiudeva simboli molteplici, colti dallo sguardo primordiale intento a contemplarlo.

"Dalla parte delle streghe" di V. De Angelis

Art by Monica Sjoo

venerdì 14 gennaio 2022

Fata Gallura - Antonio Rubino

Il ligure Antonio Augusto Rubino fu un artista a tutto tondo: conosciuto per lo più come illustratore, fumettista e scrittore per ragazzi, si occupò anche di teatro e regia dell'animazione, Forse qualche appassionato del fumetto si ricorderà di lui per aver diretto Topolino negli anni Trenta o per alcune sue indimenticabili strisce sul Corriere dei Piccoli. Io, però, mi sono innamorata delle sue filastrocche, così stasera vi do la buona notte con questa. 

"Raccontami o nonno stasera,
la storia più lunga che sai;
ma, bada, raccontala intera:
non voglio che termini mai!".

"La storia più lunga che c’è
ti voglio stasera contare,
ma dura cent’anni, ed ahimé!
cent’anni son lunghi a passare!".

"Cent’anni, lo so, duran molto,
ma sveglio cent’anni starò.
Racconta, nonnino, ti ascolto.
Nonnino, non dirmi di no!".

"Tu devi saper che una volta,
in fondo al più buio passato,
in fondo alla selva più folta,
in fondo al castel più incantato,
viveva una Fata Gallura,
che sempre di giorno dormiva
e, quando la notte era scura,
sul mondo volava furtiva...
La storia di Fata Gallura
un tempo incredibile dura:
ci voglion cent’anni a finirla...
Ci tieni davvero a sentirla?".

"Durasse cent’anni, stasera
la voglio ascoltar tutta intera".

"Volava la Fata leggera,
volava recando due cesti.
Spargeva una polvere nera
sugli occhi dei bimbi ancor desti;
ma, quando dormire contenti
i bimbi vedea, su di loro
e sopra i lor sogni innocenti
spargeva un pulviscolo d’oro...
La storia di Fata Gallura
un tempo incredibile dura:
ci voglion cent’anni a finirla...
Ci tieni davvero a sentirla?".

"Ci tengo moltissimo, nonno,
per quanto mi venga un po’ sonno".

"I bimbi sognavan balocchi,
immersi in un sonno profondo...
Scoccavano i dodici tocchi,
a tutte le torri del mondo...
E Fata Gallura, tornando
al nero castello laggiù,
il canto del gallo imitando,
dicea: “Cocco mio, dormi tu?”
La storia di Fata Gallura
un tempo incredibile dura:
non bastan cent’anni a finirla.
Ci tieni davvero a sentirla?".

"Lo so che cent’anni son tanti...
Va’ avanti, nonnino, va’ avanti!".

"Gallura, arrivata al castello,
si mette di nuovo al lavoro,
e fa con mortaio e pestello
del nuovo pulviscolo d’oro.
Poi, prima che l’alba sia sorta,
girando una mola di pietra,
lavora a farsi una scorta
di densa fuliggine tetra.
La storia di Fata Gallura
un tempo incredibile dura,
e, quando è narrata da un nonno,
fa i bimbi cascare dal sonno".

"Negli occhi ho una polvere scura!
Io casco dal sonno, nonnetto!...
Passata è la Fata Gallura...
O nonno, conducimi a letto!"

giovedì 13 gennaio 2022

Le 19 fiamme di Brigid

Avrei voluto scrivere ieri questo post ma, a sorpresa, il mio moroso si è cuccato un giorno libero fuori programma così ne ho approfittato per stare con lui!

Ieri sera, infatti, ho iniziato per il secondo anno consecutivo il percorso delle Diciannove fiamme di Brigid, organizzato da Laura Sofia dell'associazione Vidyanam. Una routine che per me è ormai diventata indispensabile perchè mi accompagna per mano verso l'uscita dal periodo più buio e freddo dell'anno, verso la festività di Imbolc, antico nome irlandese utilizzato per indicare la fine dell'inverno. Imbolc, infatti, deriva dalla parola "oimelc" (nel latte): questo era infatti il periodo in cui nascevano i primi agnellini.

Il cristianesimo ha fatto propria questa sentitissima festività denominandola Candelora e dedicandola a Santa Brigida, figura dietro alla quale si cela la dea Brigid, patrona delle arti e della guarigione, il cui simbolo era proprio il fuoco. Essa, infatti, oltre ad essere forgiatrice, ispiratrice e sanatrice, è anche la dea del focolare domestico e colei che ci riporta alla luce dopo la lunga notte invernale, tanto che nella notte del primo febbraio venivano accesi fuochi in suo onore nei campi o presso i templi a lei dedicati.

In Irlanda, nell'abbazia di Kildare, arde un fuoco perpetuo che ad oggi viene mantenuto acceso dalle suore brigidine e che, secondo una leggenda, sarebbe stato acceso per la prima volta dagli angeli in onore di tutte le divinità.  

Con il percorso delle diciannove fiamme, nel nostro piccolo, possiamo ridare vita all'antico rituale delle sacerdotesse di Brigid (e delle suore brigidine in un secondo momento): nel tempio di Kildare, ogni notte e per diciannove notti, una sacerdotessa accendeva una fiamma e rimaneva la notte intera a vegliarla in meditazione e preghiera, evitandone lo spegnimento. Durante la ventesima notte, invece, la fiamma veniva accesa e lasciata ardere da sola in quanto sarebbe stata custodita da Brigit stessa.

Lo scorso anno ho dedicato il mio percorso al lavoro, maturando nella meditazione il coraggio di affrontare una situazione lavorativa ormai distruttiva. Quest'anno, invece, voglio concentrarmi sull'arte! 

E' ancora possibile partecipare a questa bella esperienza (che è ASSOLUTAMENTE GRATUITA) anche se con qualche giorno di ritardo, oppure unirsi alle diciannove fiamme successive, che inizierà il 2 febbraio. In caso potete contattare tramite questa pagina Laura Sofia e dirle che vi mando io! Non occorre essere pagani per partecipare, come avrete potuto intuire. Io ve lo consiglio vivamente, a fine percorso vi lascerà davvero tanto.

lunedì 10 gennaio 2022

Progettino storico in arrivo!

Ho deciso di dare vita a quello che mi frullava per la testa da qualche tempo a questa parte. 

Non si tratta propriamente di un progetto nuovo di zecca: diversi anni fa avevo iniziato qualcosa di simile aprendo un blog dedicato alla traduzione dallo spagnolo all'italiano di leggende sudamericane. Tuttavia, nel giro di qualche mese, persa la totalità del tempo libero che avevo a disposizione, mi ero ritrovata a dover accantonare il tutto, cancellando il blog e il suo scarno contenuto.

L'idea attuale invece, non solo è molto più ambiziosa ma mi permette di poter mantenere vivo l'utilizzo delle lingue che conosco oltre che diffondere materiale storico rendendolo fruibile anche a coloro che alcune di queste lingue non le masticano.

Oltre ai miei soliti post - quelli non mancheranno mai! - pubblicherò infatti le mie traduzioni di articoli trovati su riviste del secolo scorso e riguardanti:
- erboristeria
- leggende locali
- folklore
- curiosità varie
- brevi racconti

Sotto ogni traduzione verranno riportati nome della rivista e sito internet sul quale poter recuperare la scansione della rivista originale. 

Con questo darò il mio piccolo contributo alla diffusione di cose belle sul web, che è uno dei miei buoni propositi per questo strano 2022. 

Grazie come sempre a chi passa da queste parti per leggermi, a chi lascia commenti, a chi mi scrive privatamente... Quando ho aperto questo angolino virtuale pensavo che non mi avrebbe mai letta nessuno. E invece, che bellissima sorpresa!

giovedì 6 gennaio 2022

Momento di stallo non programmato

No, non ho messo il blog in stand-by! Sono semplicemente alla ricerca di un'ispirazione. 

Ho messo così tanti punti nella mia lista di cose che vorrei fare quest'anno... Che ancora non ne ho iniziata nemmeno una! Mi sono presa questa prima settimana del 2022 per pensarci un po' su, poi metterò mano a tutto. 

Nel frattempo però qualcosa ho combinato visto che ho rimesso mano al mio blog Italia Parallela inaugurando l'anno con un'intervista ad un autore fantasy che stimo parecchio sia come scrittore che come persona. Qui c'è il link dove poterla leggere.

Oggi ho ricominciato seriamente la dieta (a parte il boero che mi sono mangiata dopo pranzo... Inutile, senza cioccolata non riesco proprio a stare) e da domani mattina si torna prepotentemente in palestra. E, se il tempo è clemente, anche iniziare a tornare dal lavoro a piedi sarebbe tutta salute. All'andata no, che alle 5 del mattino col buio mi passa tutta la poesia.

Ho letto un libro di cui mi piacerebbe parlare nei prossimi giorni, si chiama "Racconti dall'isola - Loghidoro's tales" di Tamara Barbarossa. 

Per ora però stacco e mi butto a dormire che sono ko!